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Libro fotografico: Lung ta - Universi tibetani

LIBRO FOTOGRAFICO: LUNG TA - UNIVERSI TIBETANI

Il Tibet, questo sterminato altopiano grande quasi quanto l'Europa che separa e nel medesimo tempo collega le steppe mongole alle pianure indiane è, e soprattutto è stato, un immenso crocevia di razze, culture, religioni, etnie e civiltà. Forse nessun altro luogo dell'Asia ha tanto colpito la fantasia e l'inconscio del mondo occidentale, che ha voluto vedere nel Tibet il contenitore mistico di tutte le speranze, le fantasie, i sogni e i desideri che non riusciva (o non riusciva più) ad appagare. Il Tibet come Shangri-là dello spirito, luogo mitico dove i saggi potevano volare, la gente era felice e alcuni iniziati avevano forse scoperto il segreto dell'immortalità. Così veniva descritto il Tibet in alcuni popolari resoconti di viaggio dell'Ottocento e dei primi decenni del Novecento. Ovviamente le cose stavano diversamente. Il Tibet, come del resto le altre nazioni del nostro pianeta, non era un mitico paradiso terrestre, la gente non era tutta e sempre felice e nessuno aveva scoperto il segreto dell'elisir di lunga vita. Quella tibetana era però una civiltà di grande valore. Poco sviluppata dal punto di vista del progresso materiale era invece incredibilmente progredita sotto il profilo della ricerca filosofica e interiore. La gente, a qualsiasi gruppo sociale appartenesse, mostrava una coesione culturale e una adesione nei confronti del proprio stile di vita che non aveva paragoni nelle limitrofe nazioni asiatiche.
L’invasione cinese degli anni ’50, soprattutto nel decennio allucinato ed iconoclasta della “Rivoluzione Culturale” ha cercato di annientare quel mondo portandolo sino alla soglia dell’estinzione totale. Con i cambiamenti politici avvenuti in Cina nell’ultimo trentennio le cose sono leggermente mutate e i tibetani, sia pure in mezzo a difficoltà di ogni genere, stanno tentando di mantenere in vita almeno l’essenziale della loro civiltà.
Ma l’universo tibetano, così duramente colpito sul Tetto del Mondo, continua a vivere anche nel vasto spazio di quello che generalmente viene definito “Tibet etnico” (Ladakh, Sikkim, Mustang, Dolpo, Bhutan etc.). Vale a dire quell’universo himalayano abitato da popolazioni di origine tibetana che, pur non essendo mai stato governato direttamente da Lhasa, ha sempre espresso e continua ancora oggi ad esprimere una civiltà assolutamente consonante con quella tibetana per quanto riguarda cultura, tradizioni, composizione sociale e religione. E’ palese l’odierna importanza del “Tibet etnico” poiché consente di incontrare quella koiné culturale e religiosa che nel Paese delle Nevi non può più esprimersi come vorrebbe.
Infine vi è il Tibet dell’esilio, quella microsocietà ricostruita dagli oltre centomila profughi tibetani che si sono insediati in India, Nepal, Bhutan e che cercano  in ogni modo possibile di preservare il cuore della propria cultura. Un Tibet dell’esilio che nonostante mille problemi e mille difficoltà sembra in grado di vincere la sua incredibile scommessa con la storia.
In questo testo, che conclude una trilogia iniziata con i libri “Himalaya” e “Mustang”, abbiamo voluto raccontare tutti e tre questi “Universi tibetani” sperando così di aver fornito al lettore qualche modesta indicazione per conoscerli e per amarli.
Giampietro Mattolin
Piero Verni

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